Il castello

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Maranzana vanta origini molto antiche e vicende storiche complesse. Fu un insediamento di pastori nel periodo in cui i Celti Liguri occuparono il territorio e successivamente, durante la dominazione romana, divenne l’insediamento stabile di un proprietario terriero di nome Marencanus, da cui derivò il nome.

Maranzana viene citata molte volte in carte medioevali di atti notarili di proprietà o di investitura e sappiamo che, nel 907, è stata possedimento del Conte Aleramo e che, nel 1180, già feudo. In seguito, passò dalla dominazione dei Paleologi a quella dei Gonzaga di Mantova fino al 1708 e poi sotto i Savoia fino al 1861. Dal 1539, viene riportata anche l’esistenza del castello, che, perfettamente conservato nei secoli, tuttavia ebbe a subire svariati e difficili avvicendamenti storici.

Il castello medioevale di Maranzana domina, con la sua imponente mole, le valli circostanti e si erge vigile e maestoso sulla piazza principale. Costituisce un valido esempio di costruzione fortificata, edificato come fortezza durante le varie invasioni nemiche nonché baluardo strategico durante i numerosi scontri bellicosi tra i potentati locali. Viene spesso descritto dagli storici come “un castello molto importante ai suoi tempi” vista a sua posizione strategica tra Asti e Alessandria, città notoriamente vivaci in età feudale e comunale.

Le sue funzioni difensive sono ancora evidenti nell’architettura, che si caratterizza per una scarpatura di base, merlata in cima da un fregio a dente di sega con specole di osservazione che si allungano per tutto il perimetro superiore delle mura, e dalla compresenza di due torri quadrate con una tonda, costante e tipica caratteristica dei castelli monferrini. Nei secoli, è stato ampliato, rimaneggiato, rivisto e ingrandito a seconda delle necessità dei momenti storico-politici che andavano susseguendosi. Negli studi effettuati dagli architetti che se ne sono interessati, sono state individuate molte parti di epoche diverse. Quella più antica si trova nei lati nord e ovest. Il lato prospiciente piazza Marconi, con il suo gioco delle merlature ghibelline, risale probabilmente al Settecento.

Furono molti i proprietari e gli abitanti di questo castello, ma gli ultimi feudatari sono stati i Marchesi Ghilini, nobile e antichissima famiglia alessandrina che, nel 1670, acquistò dal Duca Carlo Ferdinando di Mantova, insieme al titolo marchionale, anche “il feudo di Maranzana con 9 vigne, 7 case, un mulino, due cascine, boschi di castagne e prati”. La storia li etichetta come “i tirchi Ghilini”, ma la loro parsimonia non valse ad evitare che il nipote Marchesino Ambrogio Maria, a cavallo tra il ‘700 e l’800, finisse in miseria per debiti, tasse e contributi vari. Il Marchesino è ricordato come “campione di ogni virtù” – insomma come una brava persona – ma fece uno sbaglio quando, a 17 anni, il 26 settembre 1774, sposò Cristina di San Martino di Aglié, una ragazzina di 15 anni con le mani bucate.

Cristina gli diede tre figli, ma gli svuotò la borsa con una infinità di note da pagare, al punto che, dopo aver esposto al saccheggio ogni bene mobile e immobile, (ad esempio, si parla di 40 pezzi con 820 diamanti incastonati) fu indispensabile far ricorso al Monte dei Pegni. Oltre a queste cause “familiari”, il crollo definitivo si lega certamente al critico momento storico in cui austriaci e francesi si contendevano alternativamente il territorio, imponendo ciascuno pesantissime tasse e balzelli per foraggiare a loro volta i rispettivi eserciti distruttori e invadenti come stuoli di cavallette. Senza più risorse, i Ghilini dovettero via via alienare tanti stabili, anche a vile prezzo, che non fu comunque sufficiente in un momento in cui mancavano gli acquisitori. La pressione sul loro patrimonio continuò fino al 1806, data in cui Napoleone sanzionò, con decreto solenne e definitivo, il passaggio del rimanente della proprietà Ghilini al demanio francese.

Tutto fu messo all’incanto e vennero dispersi incommensurabili tesori d’arte tra cui una Madonna del Raffaello, una Salutazione della Madonna a Santa Elisabetta del Barroccio, una preziosissima raccolta numismatica, una doviziosa argenteria di 72 piatti di grande valore. Finiva così ingloriosamente la Gens Ghilinia, una delle più antiche, nobili e feconde d’uomini egregi. Nel frattempo, nel 1802, il non più Marchese, ma declassato a semplice cittadino, Ambrogio Ghilini, aveva venduto anche il castello di Maranzana “alli cittadini Steffano Penazzo ed Alessandro Pozzi” che pare fossero due suoi luogotenenti.

Da quell’anno, nell’ala del castello dei Penazzo, si sono succeduti diversi proprietari, ma la parte acquisita dal Pozzi è ancora abitata dalla famiglia dell’ultima erede diretta che, oggi, gestisce con il marito l’Agriturismo “Ma Che Bel Castello”. Attualmente, per la coraggiosa iniziativa dei proprietari e dell’amministrazione comunale, castello e torre hanno riacquistato la loro composta dignità, assicurando saggiamente un futuro al pregevole manufatto storico. In ultimo, nel 1988, sono stati restaurati il ponte e la rampa. Le mura esterne, la torre e il ponte (un tempo levatoio) hanno suscitato un interesse culturale di livello nazionale tanto da essere riconosciuti e tutelati dalla Sovrintendenza ai Monumenti.